venerdì 4 maggio 2018

La piccola leggenda: BBC Ls3/5 A (Rogers, Spendor, Kef, Harbeth)

Di piccole dimensioni ma di grande fama questo mini-diffusore rappresenta un altro monumento nella storia dell'hi-fi e per me personalmente, un pezzo di grande valore sonoro della mia piccola collezione privata di hi-fi vintage. Il progetto di questo piccolo diffusore nacque dall'esigenza della BBC di monitorare le dirette TV negli studi mobili e con la sigla Ls3/5a è stato prodotto da numerosi marchi hi-fi (Rogers, KEF, Harbeth, Spendor e altri) su licenza della stessa BBC.
Scherzosamente chiamato "scatola da scarpe" per le dimensioni ridotte, offriva prestazioni sonore di alto livello, tanto da spingere queste aziende a chiedere alla BBC il permesso di commercializzarlo per il pubblico di audiofili. 

Il successo commerciale che ne è derivato ha reso le Ls3/5a uno dei prodotti più celebri e longevi nella storia dell'alta fedeltà e anche uno dei migliori acquisti possibili nel mercato del vintage.
Le prestazioni in gamma bassa risultavano penalizzate dalle dimensioni contenute del mobile, sul quale era montato un woofer di appena 11 cm di diametro (il Kef B110 con cono in neoprene). Ad ogni modo, le Ls3/5a sono state le capostipiti di un tipo di diffusore detto mini-monitor che ha avuto momenti di grande popolarità.
Oggigiorno gli esperti hanno maturato una posizione più equilibrata nei loro confronti evidenziando anche i difetti citati, ma ciò non toglie che abbiano tuttora un folto numero di estimatori e continuino a provocare grosse discussioni tra gli appassionati, che si dividono tra entusiasti e detrattori.
Molta attenzione deve essere messa nell'abbinamento di questi piccoli gioielli con l'amplificatore, sia esso di tipo integrato o una coppia pre e finale, in quanto non necessariamente un amplificatore considerato di ottimo livello fornirà le prestazioni che ci si aspetta. Questo a causa del loro alto valore di impedenza abbinato alla scarsa efficienza di appena 83 dB che richiede un pilotaggio abbastanza muscolare; per tale ragione tanti possessori hanno ritenuto di ricorrere a finali di potenza valvolari, con risultati talvolta sorprendenti in termini di pura musicalità.
Una delle peculiarità delle Ls3/5a è la capacità di adeguarsi alla qualità dell'impianto audio utilizzato, anche quando si utilizzino elettroniche di massimo livello. Per questo possono fare da punto fisso nella catena audio ed essere abbinate ad amplificatori e sorgenti anche molto costosi. Caratteristica questa, comune solo a quei rari progetti di diffusori particolarmente "centrati".



LE VERSIONI
La popolarità di questo piccolo diffusore negli ambienti audiophile e il fatto che è stato prodotto da diversi costruttori ha ovviamente stimolato molti a confrontare le varie versioni, anche della stessa casa costruttrice, come ad esempio la 15 Ohm e la 11 Ohm della Rogers, o la biwiring e la monowiring della Spendor, fino alle più recenti rivisitazioni della Sterling o della Falcon acoustic che hanno cercato di migliorare i limiti della tenuta in potenza e dell'estensione in basso. Ovviamente, trattandosi dello stesso progetto, realizzato su precise specifiche BBC, il profilo sonoro risulta essere fedele a se stesso, ma con possibili sfumature, dovute a leggere variazioni dei materiali di costruzione del mobile e dei componenti e accorgimenti sul crossover. Molti sentenziano una preferenza netta per una o l'altra versione, ma in realtà, considerate anche le variabili oggettive delle elettroniche a monte, l'ambiente di ascolto e il gusto personale di ciascuno, non ritengo attendibili i giudizi assoluti.

Certamente c'è una quotazione di mercato del vintage che vede la Rogers prima versione 15 Ohm tra le più ricercate dai collezionisti per la sua magia del medio nella resa delle voci o la Spendor monowiring 11 Ohm per il suo maggiore equilibrio generale e gli acuti brillanti ma leggermente più dolci. Queste sembrano essere le due versioni più ricercate, ma ciò non vuol dire che siano le migliori, il mercato del vintage considera anche un valore storico, come nel caso di una coppia di Rogers primissima versione da 15 Ohm con numero di serie 027 e 028 perfettamente conservate e con tutti i componenti originali battuta all'asta per 17mila sterline. Attualmente a 3500 euro la 3/5a viene proposta al pubblico anche dalla Falcon Acoustics, rinomata azienda costruttrice di altoparlanti ad Oxford, che si avvale della consulenza di Malcom Jones, tecnico supervisore della KEF che forniva alla BBC il mid woofer B 110 e il tweeter T-27. L'obbiettivo è quello di migliorare i parametri del progetto in termini di tenuta in potenza e estensione in basso senza perdere la magia delle altre caratteristiche. Altra valida alternativa, molto apprezzata per essere riuscita a trovare un punto di equilibrio tra tutti questi aspetti è la versione della Stirling, che dopo anni di lunghissima esperienza nella riparazione e manutenzione di questi diffusori ne ha intrapreso la produzione, ovviamente su licenza BBC, sebbene con componenti SEAS e Scan Speak invece che KEF accuratamente modificati per ottenere specifiche aderenti a quelle originarie. 

L'ASCOLTO 

Ho avuto modo di ascoltare le due versioni più conosciute sopra citate, la Rogers 15 Ohm e la Spendor monowiring 11 Ohm e cercherò di estrapolarne le caratteristiche salienti per descrivere il profilo sonico del progetto 3/5a. 

Inserite nel mio impianto 
di riferimento con pre Audio Research LS 7 e finale Classè Audio DR-3 le piccole Spendor 3/5A (monowiring 11 Ohm) hanno rivelato tutte le raffinate abilità che hanno reso famoso questo diffusore. In un ambiente di oltre 45 mq (9x5,5mt), posizionate a 1,8 mt dalla parete di fondo e 1,7 da quelle laterali, hanno fornito una scena sonora precisa e granitica, ampia in profondità e larghezza che incorniciava quella disarmante capacità di restituire le voci, e non solo quelle, che lascia a bocca aperta, tipico effetto 3/5A... I fiati, gli archi e più in generale la musica acustica, vengono resi con un senso di naturalezza, di presenza "reale" che la fa preferire senza dubbio a tutti i suoi diretti concorrenti. Le dimensioni e le proporzioni della scena sonora che si materializza davanti a me sono reali, il basso non è quello di un diffusore di alto rango da pavimento, ma in quel momento non se ne sente la mancanza, la coerenza delle proporzioni e dell'impatto che restituisce la piccola Spendor è godibilissimo, abbinato al microdettaglio e alla sua naturale emissione c'è di che leccarsi le dita... penso a quelli che parlano di radioline, magari senza neanche averle mai ascoltate, e mi spunta un sorriso... Ascoltandole in questa configurazione, improntata alla neutralità, ne intuisco il segreto di questo "evergreen", che è l'equilibrio tonale che i suoi progettisti hanno centrato. Il minimonitor 3/5A è pensato e costruito per fare il suo lavoro, che è quello del piccolo monitor da studio per rivelare esattamente il contenuto della registrazione, fin nei più piccoli dettagli, ma cogliendone il senso, le proporzioni, l'anima dell'evento sonoro, senza farne una radiografia, che è la tendenza dell'ultimo decennio, e per cui molti diffusori che hanno tentato di imitarlo, hanno fallito. Altri invece hanno fallito nel tentare di migliorare il basso, gonfiandolo, snaturando e stravolgendo tutto l'equilibrio sonoro del loro progetto. Il 3/5A è un perfetto esercizio di equilibrio a cui qualcuno è riuscito ad avvicinarsi cercando di centrarne gli stessi obbiettivi. Penso alle Minima di Sonus Faber, alle Harbeth P3, alle ProAc Tablette e forse qualcun altro. Ovviamente, come sempre, il risultato dipende molto dalla collocazione in ambiente e dall'amplificazione, e il DR-3, a parte lil suo raffinato assetto timbrico, con la sua spinta energica gli dà anche quel senso del ritmo, quel punch per il quale a volte, sotto questo aspetto, vengono preferite le loro concorrenti Linn Tukan. Le piccole inglesine, da monitor rivelatore quali sono, reagiscono in modo evidente non solo all'abbinamento con le elettroniche ma anche all'utilizzo dei cavi e, come prevedibile, ne hanno confermato anche il profilo sonico. Nel mio impianto hi-fi personale utilizzo in biwiring delle Sonus Faber Minima Amator collegate al DR-3, dei MIT Shot Gun S3 sul basso e dei Cogan Hall intermezzo sulle medio-alte per sfruttarne le straordinarie doti di trasparenza e "luminosità". Con le piccole Spendor 3/5A monowiring ho quindi utilizzato prima l'uno e poi l'altro, e come una cartina di tornasole, hanno restituito esattamente quanto gli ho offerto sulla carta: basso più corposo e possente con i MIT e maggiore trasparenza e ariosità con i Cogan Hall. Ho riportato questo piccolo esperimento per confermare ancora una volta, semmai ce ne fosse ancora bisogno, le spietate qualità da monitor di questo piccolo diffusore diventato paradossalmente uno dei grandi classici nei salotti buoni dell'hi-end. I brani ascoltati in questa sessione sono piccole formazioni jazz, qualche brano di musica da camera e un paio di voci del panorama pop-folk: sotto riporto le copertine, da prendere anche come suggerimento di album da acquistare, specialmente per possessori di impianti di questo genere.


Le leggere differenze di cui accennavo prima tra le Rogers 15 Ohm e le Spendor 11 Ohm che ho avuto modo di ascoltare in un paio di occasioni a confronto, sono percepibili a un attento ascolto, e puntualmente si manifestano anche alternando le elettroniche a monte: la Rogers è leggermente più brillante in alto e ha quella caratteristica del medio appena "avanzato" che abbinato al suo generale assetto timbrico del progetto 3/5A, offre quella magia sulle voci. A mio parere la 15Ohm è quella che si interfaccia ancora meglio con elettroniche valvolari ammorbidendo il suo profilo, le Spendor 11 Ohm, ascoltate con lo stesso integrato Audio Innovation alternandolo all'accoppiata pre/finale Quad 33/306, sembrano essere un filo più equilibrate e neutrali. Tutto questo va considerato, ribadisco ancora una volta, alla luce delle elettroniche a monte, vuol dire che a seconda delle elettroniche utilizzate può essere ovviamente preferibile l'una o l'altra versione, e senza contare soprattutto, il proprio gusto personale. L'occasione del mercato dell'usato poi può offrire l'occasione di portarsi a casa uno o l'altro di questi pezzi di storia dell'hi-fi preferibili alle attuali versioni oltre che per un risparmio economico anche per un certo valore storico, ma anche una delle altre versioni di KEF, Harbeth ecc, con qualche leggera sfumatura di differenza, ovviamente darà la possibilità di godere delle qualità del progetto 3/5A. 
Le versioni attualmente in commercio di cui ho accennato prima e che onestamente non ho avuto modo di ascoltare, hanno riscosso ovviamente molto interesse da parte di pubblico e critica, sono stati pubblicati recentemente articoli, su Audio Gallery (Audio Review) riguardante la versione Falcon Acoustic con il titolo "Una leggenda in corso d'opera" e su remusic.it (rivista web con cui collaboro) riguardante la versione Stirling di cui tratta dettagliatamente il collega Ulisse Pisoni consultabile al link https://www.remusic.it/IT/Diffusori-Stirling-Broadcast-LS35a-V2-809d4700 

CONCLUSIONI 

La 3/5A non è un diffusore per tutti, è per palati fini, è un vino buono ed è, come spesso accade, in una botte piccola. Il progetto di questi diffusori nasce per monitorare e rilevare ogni minima sfumatura dell'evento sonoro e infatti, il loro comportamento è da monitor, con quella gamma media neutrale, spietata, rivelatrice, veloce e in aggiunta, se ben posizionati in ambiente, con una capacità di ricostruire la scena sonora in profondità e in larghezza fuori dal comune. Le doti acustiche delle piccole 3/5A sono godibili abbinate ad amplificazioni di qualità, non necessariamente costose, sebbene siano capaci di rivelare tutta la raffinatezza di amplificazioni di alto rango, ma va fatta attenzione alla combinazione del profilo sonico. Ovviamente si adattano meglio a certi tipi di musica, sono consigliabili a chi ascolta musica acustica, piccoli gruppi jazz, musica da camera o pop folk acustico con pochi strumenti piuttosto che rock duro, sinfonica o grosse masse orchestrali, ma in ogni caso il tipo di ascolto che offrono è di grande raffinatezza, e per questo motivo, non solo perché sono un pezzo di storia dell'hi-fi, sono raccomandabili a chi sa apprezzarle.



giovedì 1 marzo 2018

NAD 3020 - La democratizzazione dell'hi-fi

Questo anonimo integrato, con i suoi 28 musicalissimi watt per canale è uno di quegli oggetti che ha lasciato traccia di sé nella Storia dell'Hi-Fi, diventando alla fine degli anni settanta, in breve tempo, un riferimento per tutti coloro che desideravano assemblare un impianto low budget ma dal buon suono, fino ad allora appannaggio di audiofili con maggiori possibilità di spesa.
Dal punto di vista estetico lo definirei essenziale e scarno, anonimo o addirittura bruttino, in controtendenza rispetto all'estetica patinata di molti giapponesi dell'epoca, sembrerebbe quasi che sia stato presentato volutamente così per affermare la sua qualità sonora rispetto ad aspetti secondari.
Ad ogni modo, il piccolo trenta-venti in breve tempo ha saputo conquistare il cuore di recensori e audiofili di tutto il mondo diventando nel tempo l'integrato più venduto e longevo nella storia dell'HiFi grazie al progetto illuminato di chi evidentemente sapeva il fatto suo, un progetto intelligente ed un suono semplicemnete strepitoso a quei tempi e ancora oggi dannatamente affascinante.
Questo ampli low-budget sin dal momento del suo ingresso nel mercato della fascia entry-level ha sorpreso con le sue capacità di pilotaggio anche quando collegato a diffusori piuttosto ostici. Su uno dei primissimi numeri di Audioreview all'epoca furono riportate le misure al banco a confronto di due ampli concorrenti giapponesi ben più costosi e potenti, sbaragliandoli: alternando il piccolo 3020 al Luxman L-116A da 70 W e al finale Marantz SM500 da 60W ai terminali di una coppia di KLH, piuttosto difficili da pilotare, il NAD a fronte dei suoi 25 W di targa erogava ben 34 W contro i 6 W (!) dei suoi concorrenti, messi alle strette dalle caratteristiche elettriche dei diffusori. 
Con la sua potenza sufficiente a pilotare buona parte dei diffusori e crescente fino all'impedenza di 3 Ohm, una buona adattabilità dell'ingresso phono sebbene un po' rumoroso, controlli di tono, loudness, separazione pre-finale, ciricuito anti-clipping (escludibile) e 5 led per l'indicazione della potenza d'uscita si presentava al mercato per far parlare di sé.

Oggi in considerazione dell'alto valore sonoro e del basso costo a cui si può reperire sul mercato dell'usato, il 3020 rappresenta il classico esempio degli apparecchi senza tempo di cui tratta questo blog, entrandoci a pieno titolo. All'epoca questo ampli veniva proposto a circa 250/300.000 lire ed oggi sul mercato dell'usato vintage si trova, in una delle sue varie versioni, alla cifra irrisoria di circa 100 euro. La sua rilevanza storica e il suo musicalissimo profilo lo rendono un ottimo acquisto, a tutt'oggi capace di regalare ore di godibilissima musica, in barba a molti concorrenti di fascia media, sia di ieri che di oggi.




IMPRESSIONI D'ASCOLTO:

Premesso che del 3020 ci sono diverse versioni, aggiornamenti e rivisitazioni, va detto che il suo profilo sonico rimane sostanzialmente fedele a se stesso, con un equilibrio timbrico riconoscibile, tendenzialmente molto caldo con una gamma media dettagliata e leggermente "ambrata" ed un leggero roll-off sulle alte frequenze. E' un suono piacevole, intelligibile ma tutt'altro che incline all'iper-dettaglio, che ha il pregio di una pressoché totale assenza di fatica all'ascolto, anche portando la manopola del volume verso i suoi limiti. L'ascolto è stato condotto utilizzando una coppia di Spendor SA-1, meno ostiche delle Minima Amator che uso di solito, e un po' più coerenti con un eventuale budget di spesa, sebbene ancora alto rispetto alla categoria entry level del 3020. La Spendor SA-1 è un diffusore piuttosto aperto, rivelatore, ben esteso in alto e piuttosto luminoso, credo che possa ben interfacciarsi con il piccolo 3020.


Per coerenza di budget, ho utilizzato come sorgente un cd Marantz 63, macchina anche questa che per rapporto qualità/prezzo meriterebbe una menzione in questo blog. Come cavi ho scelto degli XLO, presi in prestito dal mio amico Marco, sebbene di fascia economica un po' troppo alta per il livello dell'impianto. Gli XLO sono piuttosto brillanti sull'estremo superiore e credo che possano compensare il leggero roll off dell'ampli sulle alte frequenze. Il 3020 è molto musicale, caratterizzato da una gamma media ben calibrata, non invadente ma ben chiara e descrittiva del messaggio musicale, le voci sono credibili, hanno una inaspettata naturalezza su un ampli di questo livello. 
L'estensione e definizione della gamma alta non è il punto di forza del piccolo NAD, seppur apprezzabile per una buona correttezza timbrica e assenza di asprezze, rimane un po' approssimativa ed arrotondata. All'ascolto questo si traduce in una riproduzione piacevole e poco affaticante ma anche poco brillante, perdendo un pizzico di vivacità in certi passaggi.
Il basso è inaspettatamente potente, piuttosto profondo e robusto, sconosciuto a molti dei suoi concorrenti. Ovviamente non è il basso granitico di un Krell, il compromesso è un basso un po' gonfio, a tratti poco controllato ma tutto sommato contribuisce non poco alla sensazione di suono caldo e morbido. 
A completare il profilo sonico del 3020 c'è anche una notevole dinamica che i suoi 25 watt riescono sfoderare e che rendono l'ascolto di percussioni e masse orchestrali godibile e con un buon impatto. Questo aspetto ha certamente contribuito non poco al suo successo commerciale. Volendo trovare un punto dove questo ampli non eccelle si potrebbe dire che manca un po' di microdinamica e di dettaglio, lì dove non è richiesto spunto energetico ma una buona velocità nel gestire il segnale musicale. Il dettaglio e la definizione inoltre non sono i punti di forza del 3020 e questo implica anche una immagine acustica non particolarmente precisa, leggermente sfuocata seppur ben proporzionata ed estesa. Ma evidentemente non sono questi gli obbiettivi di questo ampli che vuole proporre, accettando i compromessi della sua fascia entry-level, un suono descrittivo e godibile piuttosto che iperdettagliato, ampio come quello di ampli di ben altra potenza e classe, e l'obbiettivo è stato perfettamente centrato dalle encomiabili capacità del suo progettista. Credo che il segreto del successo di questo ampli sia nel senso delle proporzioni, nella capacità di rappresentare l'evento sonoro con sufficiente dettaglio, come un quadro piuttosto che una foto, ma molto gradevole e godibile, con quella sua caratteristica timbrica calda senza addentrarsi in dettagli e ricostruzioni nitide della scena sonora che appartengono ad elettroniche di ben altro livello.


NOTE:

Se avete l'occasione di trovare sul mercato dell'usato il mitico NAD 3020 verificate innanzitutto lo stato elettrico dell'ampli poiché, come tutti i vintage, è probabile che avrà bisogno di verificare e eventualmente ripristinare contatti, connettori, condensatori, potenziometri ecc, ma se c'è da sostituire troppe cose, dato il suo modesto valore economico, potrebbe non valerne la pena. Nel caso invece sia tutto in ordine e con una ripulita generale si riesca a riportare all'antico splendore questo piccolo pezzo di storia dell'hi-fi, potrebbe essere l'occasione da non perdere.

Come molti ampli di razza anche il piccolo NAD predilige una buona mezz'ora di riscaldamento prima di fornire le prestazioni ottimali nei termini in cui ho descritto nelle impressioni di ascolto. Appena acceso suona leggermente impastato e gonfio, dopo un po' è percettibile una maggiore apertura e un miglioramento generale delle prestazioni.
Concordo inoltre con altri estimatori di questo NAD che suggeriscono di evitare il circuito soft clipping, escludibile dal pannello posteriore, il loudness che tende a gonfiare eccessivamente il suono, ed i controlli di tono. Il 3020 ha il suo equilibrio sonico e va rispettato, non è un caso che esiste anche la versione audiophile 3120 che non prevede queste funzioni.


CONCLUSIONI:

Il 3020 è un'amplificatore che per valore storico e valore sonoro entra a pieno titolo tra gli apparecchi senza tempo, se poi si considera il fatto che il suo valore sul mercato dell'usato è attorno ai 100 euro, è evidente che diventa una occasione da non lasciarsi sfuggire se lo si trova in buone condizioni. Rispetto ad amplificatori analoghi, suoi coetanei, il 3020 si lascia spesso preferire, sebbene non concordo con chi dice che surclassa la concorrenza, vedi ad esempio Sansui AU117 o Technics SU V2X, dipende sempre e tanto dagli abbinamenti e dal tipo di suono che si vuole ottenere. In ogni caso, non c'è da meravigliarsi che il piccolo NAD abbia riscosso tanto successo e sia diventato un grande classico. Oggi gli ampli moderni di quella fascia entry level sono più dettagliati, precisi e veloci ma il 3020, pur con i suoi limiti, sfoggia ancora quel suo sound personale, anche nei confronti dei suoi successori di casa NAD che seguono le tendenze di mercato e rappresentano il "best buy" nella loro categoria, e potrebbe farsi preferire da chi cerca il coinvolgimento emotivo nella musica piuttosto che una sua radiografia.